Il testo del Messaggio della CEI per il primo maggio 2021, un commento e alcuni approfondimenti

«E al popolo stava a cuore il lavoro» (Ne 3,38). Abitare una nuova stagione economico-sociale

Il 1° maggio, festa di San Giuseppe lavoratore, che Papa Francesco ha voluto celebrare con un anno a lui dedicato, ci spinga a vivere questa difficile fase senza disimpegno e senza rassegnazione.

Il testo del Messaggio dei Vescovi per la Festa del 1° maggio 2021 dal titolo “«E al popolo stava a cuore il lavoro» (Ne 3,38). Abitare una nuova stagione economico-sociale”

Commento al messaggio – L’invito dei vescovi: «Abitare una nuova stagione economico-sociale»

da https://www.romasette.it

Il tema della generatività e la tensione tra la paura di perdere quello che si era – o si deteneva – e un rinnovato impegno verso nuovi stili di vita. Si muove intorno a questi due poli il messaggio dei vescovi per la Festa dei lavoratori, il 1° maggio prossimo, sul tema “E al popolo stava a cuore il lavoro (Ne 3,38). Abitare una nuova stagione economico-sociale”. Il punto di partenza, inevitabilmente, la «terribile prova della pandemia», che «ha messo a nudo i limiti del nostro sistema socio-economico», si legge nel testo.

Nel mondo del lavoro, riflettono i vescovi, «si sono aggravate le diseguaglianze esistenti e create nuove povertà». Già prima della pandemia, «il Paese appariva diviso in tre grandi categorie. Una composta da lavoratori di alta qualifica o comunque tutelati e privilegiati che non hanno visto la loro posizione a rischio. Una seconda categoria di lavoratori in settori o attività a forte rischio o comunque con possibilità di azione ridotta è entrata in crisi: commercio, spettacoli, ristorazione, artigiani, servizi vari». Cassa integrazione, delle agevolazioni al prestito, ristori e sospensione di pagamenti di rate e obblighi fiscali ne hanno  alleviato «in parte, ma non del tutto, i problemi». Un terzo gruppo infine «è rappresentato dai disoccupati, dagli inattivi o dai lavoratori irregolari e coinvolti nel lavoro nero che accentua una condizione disumana di sfruttamento. Sono gli ultimi, in particolare, ad aver vissuto la situazione più difficile perché fuori dalle reti di protezione ufficiali del welfare. Va anche considerato il fatto che il governo ha bloccato i licenziamenti, ma quando il blocco verrà tolto la situazione diventerà realmente drammatica».

«Fondamentale, nell’analisi dei presuli che «tutte le reti di protezione siano attivate. Il “vaccino sociale” della pandemia, infatti, è rappresentato dalla rete di legami di solidarietà, dalla forza delle iniziative della società civile e degli enti intermedi che realizzano nel concreto il principio di sussidiarietà anche in momenti così difficili». Per i credenti, poi, centrale «la gratitudine di aver incontrato il Vangelo della vita, l’annuncio del Salvatore. La pandemia, infatti, ci ha permesso di sperimentare quanto siamo tutti legati ed interdipendenti. Siamo chiamati ad impegnarci per il bene comune – è l’esortazione -: esso è indissolubilmente legato con la salvezza, cioè il nostro stesso destino personale».

Ricordando le parole di Papa Francesco – «Peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi» -, i vescovi evidenziano che «i periodi di prova sono anche momenti preziosi che ci insegnano molto. La crisi ci ha spinto a scoprire e percorrere sentieri inediti nelle politiche economiche». A livello europeo, con il risultato di «una maggiore integrazione», e non solo. «L’insostenibilità dei ritmi di lavoro, l’inconciliabilità della vita professionale ed economica con quella personale, affettiva e famigliare, i costi psicologici e spirituali di una competizione che si basa sull’unico principio della performance, vanno contrastati nella prospettiva della generatività sociale – è l’indicazione contenuta nel messaggio -. L’esercitazione forzata di lavoro a distanza a cui siamo stati costretti ci ha fatto esplorare possibilità di conciliazione tra tempo del lavoro e tempo delle relazioni e degli affetti che prima non conoscevamo».

Dalla prova, insomma, «sta nascendo una nuova era nella quale impareremo a diventare “imprenditori del nostro tempo” e più capaci di ripartirlo in modo armonico tra esigenze di lavoro, di formazione, di cura delle relazioni e della vita spirituale e di tempo libero». Se le relazioni faccia a faccia in presenza restano quelle più ricche e privilegiate, «abbiamo compreso che in molte circostanze nei rapporti di lavoro è possibile risparmiare tempi di spostamento mantenendo o persino aumentando la nostra operosità e combinandola con la cura di relazioni e affetti».

Due le bussole indicate per il cammino pastorale e nel servizio al mondo del lavoro: l’enciclica Fratelli tutti, anzitutto, e il cammino verso la Settimana sociale di Taranto, dal 21 al 24 ottobre 2021. «In tempo di crisi la fraternità è tanto più necessaria perché si trasforma in solidarietà con chi rischia di rimanere fuori dalla società», si legge nel messaggio. Il mondo del lavoro dopo la pandemia «ha bisogno di trovare strade di conversione e riconversione, anche per superare la questione della produzione di armi. Conversione alla transizione ecologica e riconversione alla centralità dell’uomo, che spesso rischia di essere considerato come numero e non come volto nella sua unicità». Temi, questi ultimi, che saranno al centro dell’appuntamento di Taranto.

L’esortazione dei vescovi dunque è a «vivere questa difficile fase senza disimpegno e senza rassegnazione. Abitiamo i nostri territori diocesani con le loro potenzialità di innovazione ma anche nelle ferite che emergono e che si rendono visibili sui volti di molte famiglie e persone. Sappiamo che ogni novità va abitata con una capacità generativa e creativa frutto dello Spirito di Dio. Nulla ci distolga dall’attenzione verso i lavoratori». E ancora: «Parafrasando un celebre brano di Gaudium et spes, le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce del mondo del lavoro, dei poveri soprattutto e di coloro che soffrono, sono i sentimenti dei discepoli di Cristo Signore. Condividiamo le preoccupazioni, ma ci facciamo carico di sostenere nuove forme di imprenditorialità e di cura. Se “tutto è connesso” (LS 117), lo è anche la Chiesa italiana con la sorte dei propri figli che lavorano o soffrono la mancanza di lavoro. Ci stanno a cuore».

Notizie stampa e approfondimenti

chiesacattolica.it:

Abitare una nuova stagione economico-sociale

avvenire.it:

La pandemia ha messo a nudo le disuguaglianze

Le reti solidali “vaccino sociale”

Il Paese diviso in tre categorie di lavoratori

Sono le donne e giovani i più colpiti dalla crisi

agensir.it:

“Attivare tutte le reti di protezioni sociale” per diventare “imprenditori del nostro tempo”

“La terribile prova della pandemia ha messo a nudo i limiti del nostro sistema socio-economico”