Sto con tutti e sono di nessuno. Se mi apparto non sono un cristiano; se non soffro insieme a tutti, non sono un cristiano; se non vivo la storia che passa, non sono un cristiano. Chi diserta non si salva: vince solo chi accetta di combattere a qualsiasi condizione. Non può esistere un cristiano neutrale: e volete ch’io lo sia di fronte a questo mondo in agonia, che pur negandone la possibilità, muore per la «manifestazione» del regno di Dio? Se cerco di giustificarmi, col vangelo, di non amare il mio tempo e di non patire per la sua salvezza, so che bestemmio il vangelo.don Primo Mazzolari
Che cosa è la pastorale sociale? Quale il suo senso nella vita di una Chiesa locale?
Per tentare una risposta, occorre essere consapevoli che il Vangelo di Gesù, Parola fatta carne, ha a che fare con tutto ciò che è autenticamente e genuinamente umano. E non sono forse il lavoro e i rapporti sociali questioni che toccano da vicino e nel profondo l’umanità e la quotidianità di ciascuno di noi? Non sono i grandi temi della giustizia e della pace e l’attenzione verso il mondo che abitiamo (la nostra “casa comune”, secondo le parole di papa Francesco) argomenti che condizionano con forza le nostre vite?
Il nostro ufficio si occupa proprio di questo. E, forse, l’approccio più semplice per capirne l’attività consiste nel ricordarne il nome preciso: “Servizio alla pastorale sociale, del lavoro e della custodia del creato”.
Servizio, anzitutto: la logica che ne anima l’opera non è quella di chi possiede ricette pronte e attuabili per ogni problema, ma quella di chi cerca di porsi al servizio dell’uomo, partendo proprio dall’ascoltarne fatiche e speranze: l’ufficio, ben prima di attuare politiche specifiche di intervento, intende essere un segno di attenzione della comunità cristiana e del suo vescovo nei confronti di quanto agita il cuore dell’uomo nel suo vivere strutturato e sociale.
Si tratta, poi, di un servizio alla pastorale, quasi a voler sottolineare che l’ufficio non vuole monopolizzare determinate competenze, ma, al contrario, vuole riconoscere ciò che già è presente e spesso radicato nelle comunità che costellano il territorio della diocesi: in primis parrocchie, ma anche associazioni, gruppi e singole iniziative e persone, rispetto alle quali il primo intento è quello della valorizzazione e della collaborazione.
Da ultimo, non sfuggono i diversi ambiti che riguardano questo servizio, che è chiamato a farsi carico di una complessità dove economia, politica, giustizia, pace, ecologia non sono elementi isolati, ma parte di un tutto (ce lo ricorda anche papa Francesco nell’enciclica Laudato si’, parlando proprio in questi termini di ecologia integrale).
Ma come si traducono in concreto queste attenzioni? O, più precisamente, come opera e cosa fa in modo tangibile questo ufficio pastorale? Difficile dare una risposta esaustiva, proprio perché si tratta di un servizio immerso in una realtà dalle molteplici sfumature. Semplificando, però, potremmo dire che il suo primo compito è quello formativo, cercando di far entrare in contatto le realtà ecclesiali, gli operatori socio-economici, le singole persone con le ricchezze della Dottrina Sociale della Chiesa, di quel vasto e prezioso insegnamento che nel corso dei secoli e alla luce del Vangelo e dell’esperienza umana si è generato nel cuore della comunità cristiana. Ovviamente, quest’opera formativa va pensata non come a un’opera parallela, bensì trasversale e comune a quella che diversi altri uffici di pastorale della diocesi (giovani, missioni, vocazioni, carità, catechesi…) sono impegnati a proporre, avendo cura della formazione complessiva di tutti.
In secondo luogo, l’ufficio si trova impegnato a dare vita a occasioni di preghiera, di memoria, di sostegno che non abbiano una valenza puramente celebrativa o cerimoniale, ma che, ancora una volta, mirino a una formazione che, evidentemente, non è solo quella razionale e intellettuale, ma che tocca anche i nostri cuori e la nostra intera vita.
Un’ulteriore azione dell’ufficio, come già ricordato prima, consiste nel coinvolgere e nel lasciarsi coinvolgere da quanti già operano sul territorio a vario livello, esprimendo passione per l’uomo, la società, il lavoro, senza steccati e divisioni preconcette. È sempre più evidente e urgente la necessità di collaborare o, come si dice oggi, di “mettersi in rete”. Si tratta di un compito creativo, che richiede anche la volontà di aprire qualche nuovo sentiero e di cercare con un pizzico di fantasia il modo per essere vicini alle persone concrete e reali, accompagnandole con semplicità. Del resto, la logica del “fare rete” è presente nella pastorale del lavoro fin dalla sua origine (che data, a livello nazionale, agli anni ’60-’70 e, a livello locale, nel periodo immediatamente successivo): da subito, si è trattato di una realtà più “laicale” che “clericale”.
Come cristiani ci troviamo a dover affrontare parecchie sfide, consapevoli della pochezza dei nostri mezzi. Ma, del resto, lo sappiamo … questa è da sempre la condizione del discepolo, che, non senza stupore, scopre di poter contare non sulle sue deboli forze, ma sulla roccia vera, su Gesù, la sua Parola, il suo Amore. Ed è proprio questo che ci porta a poter alzare uno sguardo di fiducia anche sulla nostra realtà.