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Ricorrenza di San Giuseppe

Lavoro: Card. Bagnasco (Genova), “non è possibile fare famiglia se non c’è lavoro”. “I lavori possono cambiare, il lavorare deve essere stabile”

“Non è possibile fare famiglia se non c’è lavoro”. A ribadirlo è stato il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, nell’omelia della Messa celebrata per i lavoratori a San Lorenzo, in occasione della festa di San Giuseppe, patrono della famiglia e dei lavoratori. “Se i lavori possono cambiare, il lavorare deve essere stabile, poiché ognuno vuole la dignità di guadagnarsi il pane e di partecipare alla costruzione del bene comune”, il monito del porporato: “Se l’uomo nella sua essenza è relazione, allora questa deve declinarsi in ogni espressione della vita, compreso se stesso, e compresi gli organismi, le imprese, le istituzioni”. “Se la società civile non coniugasse la flessibilità – che sembra oggi inevitabile – con la irrinunciabile stabilità, non sarebbe una comunità di vita, ma un incrocio di interessi individuali e corporativi, un mero calcolo di costi e ricavi”, il monito di Bagnasco, secondo il quale, invece, “la comunità ha a cuore il bene delle singole persone e delle famiglie, e in questa ottica tutto il resto – economia, sviluppo, finanza – concepisce, organizza e promuove. Per questo deve sostenere con decisione formazione ed impresa avendo di mira i singoli e le famiglie”.

“Troppe persone – di ogni età e condizione – sono alla ricerca di lavoro, o perché l’hanno perduto o perché non l’hanno mai trovato”. “Sono persone che hanno voglia di lavorare, che non hanno pretese indebite, tanto più smarrite perché, a volte, hanno da offrire unicamente il proprio impegno, il bisogno di ritrovare dignità ai propri occhi e a quelli degli altri”, ha spiegato il cardinale: “Ma spesso non sanno dove guardare, e si presentano con il segreto desiderio di essere almeno considerati”. Di qui la “necessità di favorire in ogni modo l’informazione su possibilità lavorative, di far conoscere luoghi, organismi dedicati, che aiutino a superare lo smarrimento, ad aprire un percorso, a impedire che ci si rassegni in attesa di qualcosa che neppure si sa, e che può essere solo illusorio”. “Tutti dobbiamo cambiare qualcosa nel nostro modo di pensare e di lavorare”, l’appello di Bagnasco: “La voglia di rinnovarsi, di non rimanere fermi a vecchi schemi, il non cedere all’inerzia del ‘si è fatto sempre così’, il riconoscere che le rendite di posizione sono sempre più incerte, che il mondo è in movimento con pro e contro inevitabili, è una grande sfida per tutti”. “L’economia cresce veramente non solo in base a numeri e percentuali”, la tesi del porporato, ma “anche se si riduce la disuguaglianza della ricchezza, se i poveri e i più deboli – perché meno attrezzati nelle conoscenze e nelle abilità – non rimangono ai bordi della strada, diventando i resti di una società che vuole essere civile, ma civile non è”.

In materia di lavoro, “la questione più decisiva, anche in ambito economico, è di tipo culturale ed etico”. Il Card. Bagnasco ha affermato che “le derive dell’evasione fiscale e della corruzione – non dimenticando la maggioranza della popolazione onesta – l’inadempienza ai propri obblighi civili, la miope soddisfazione del successo individuale, l’inerzia nel creare reti virtuose, un certo disinteresse per la cosa pubblica, sono atteggiamenti e comportamenti che nascono da una coscienza morale distorta o insufficiente”. “Non è un problema astratto”, il monito del porporato: “La questione morale ha ricadute pratiche che coinvolgono la società intera. Il futuro dipende primariamente dal sentire spirituale ed etico di un popolo, dalla sua coscienza collettiva, senza la quale ogni altra risorsa risulta insufficiente e può addirittura diventare dannosa. Nessun progresso è vero se non ha un’anima che lo umanizza”. “Neppure ci si può appellare, forse nel tentativo di discolpare visioni e interessi parziali, alla speranza che la ricchezza di pochi porti un vantaggio per tutti”, ha fatto notare l’arcivescovo di Genova, secondo il quale “la nota teoria dello ‘sgocciolamento’ non sembra aver prodotto gli effetti attesi, né a livello di un singolo paese, né a livello globale”. “Sciogliere il cancro dell’individualismo che – nella storia – si è rivelato perdente”: è questo, per Bagnasco, il primo imperativo da raccogliere, a partire dalla consapevolezza che “il lavoro ha sempre una valenza relazionale, e quindi ha un valore sociale che richiede senso di solidarietà e spirito di partecipazione, sia nei lavoratori che negli imprenditori”. “Tutte le parti possono vincere quando non lottano le une contro le altre, e cercano intese e collaborazioni”, la ricetta del porporato: “Ciò è possibile se si abbandonano vecchie contrapposizioni, e in cima ai pensieri si pone uno scopo nobile come il bene di una città o di un Paese, cioè il bene delle persone. La tragedia sempre viva del crollo del Ponte Morandi ha sprigionato un sentire più alto e un consenso più coeso e fattivo: questo patrimonio spirituale non deve disperdersi, e Genova deve continuare!”.