L'inchiesta de Il Settimanale (sul numero del 19 dicembre 2019)

Lavorare a Natale

 

Torna il Natale, con i suoi lustrini, le luci rutilanti e le corse per i regali. Tornano le narrazioni contro-corrente, di chi lamenta la trappola del consumismo e invoca più sobrietà. E torna periodicamente la polemica, anche politica, sulla chiusura dei negozi nei giorni festivi. Chiaramente a Natale la cosa si ripropone in termini ancor più marcati.

«7 su 7» e «h 24» anche il 25 dicembre? E la famiglia? E il riposo? E la cura delle relazioni (compresa quella con Dio)? Ovvio che ci sono imprese, attività ed esercizi – specie nei territori a vocazione turistica – che proprio in questi giorni natalizi devono lavorare a pieno regime, e ne hanno pieno titolo di farlo (pensiamo tipicamente alla ristorazione o al settore alberghiero).

Ma un conto è il lavoro festivo, altra cosa è il lavoro sfruttato, sottopagato, con orari massacranti e nessun riconoscimento di straordinario.

L’inchiesta di Natale del nostro Settimanale è dedicata proprio a questo tema, al lavoro sfruttato, ma anche alla libertà di “fare festa”.

A guidarci in questo approfondimento il sociologo Mauro Magatti che ci ricorda che «I credenti dovrebbero fare in modo che la santificazione della festa fosse vissuta bene, innanzitutto, da loro.  Non è una stanca ripetizione di abitudini, né una pubblica dichiarazione di tradizioni da reiterare. Occorre ripartire dal senso della “festività”: è una comunità allargata che riconosce l’importanza di questi momenti, del “fare festa” e del “santificare la festa”, insieme».

Ma poi sono tanti coloro che l’opportunità di scegliere di vivere questa dimensione non ce l’hanno. Lavoratori costretti alla corsa contro il tempo di un modello di consumo che, in questo periodo, preme sempre più forte sull’acceleratore.

«Mai visto un Natale così» ci confida Luigi, nome di fantasia, corriere da oltre 200 consegne al giorno, il cui orario di lavoro «sai quando inizia, ma non quando finisce».

O ancora la testimonianza di F., giovane commessa da 20 anni nel settore moda, su cui crescono le pressioni per lavorare la domenica.

E poi Camilla, dipendente di un centro commerciale, Andrea, il rider: pochi euro a servizio e nessuna tutela. L’isola felice di Livigno, la smania di acquisti della Valchiavenna.

E le provocazioni di don Andrea Del Giorgio, vicedirettore del Servizio diocesano alla pastorale sociale e del lavoro, che augura a tutti un Natale di libertà:

«Sei proprio sicuro che non comprare il tredicesimo paio di scarpe il giorno di Natale ti provocherà una crisi di astinenza? Non ti è venuto il dubbio che forse barattare quel che rimane dei legami e delle relazioni comunitarie per l’ebbrezza di comprare il latte alle 23.45 non sia una cosa particolarmente intelligente?  Ma davvero credi di non poter resistere al trauma di non avere il pane appena sfornato la domenica? Non ti preoccupare per il fornaio… se lo compri doppio il sabato il suo incasso lo ha già avuto. Provaci. Anche se sarai il solo a farlo. Anche se non cambierà apparentemente nulla. Ti sentirai un po’ strano. Più leggero e più consapevole. Non è grave. Si chiama libertà! Tanti auguri di un Natale buono e libero».

da http://www.settimanalediocesidicomo.it/2019/12/20/lavorare-a-natale-la-nuova-inchiesta-de-il-settimanale/

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