Amministrare un Comune, specialmente se di piccole dimensioni, significa vivere ogni giorno la responsabilità di essere vicino alla propria comunità, ascoltarne i bisogni concreti e tradurli in azioni efficaci e sostenibili. È un compito che va oltre la gestione tecnica: rappresenta un esercizio quotidiano di prossimità, partecipazione e servizio. In un mondo spesso segnato dalla distanza tra istituzioni e cittadini, il sindaco di un piccolo Comune diventa il volto più immediato e accessibile dello Stato, punto di riferimento per i problemi, le attese e le speranze delle persone. La forza dell’amministrazione locale risiede proprio nella sua capacità di essere presente, di farsi carico delle fragilità, di valorizzare le risorse umane e territoriali. In questa intervista, Livio Aurelio Scaramella, giovane sindaco di Samolaco, ha condiviso il senso profondo della sua missione, le sfide da affrontare e le prospettive future, con uno sguardo attento alla costruzione di un bene comune autentico e condiviso.
L’intervista
In che modo, secondo lei, è possibile accrescere il coinvolgimento dei giovani nella cura del bene comune nel proprio territorio?
“A mio avviso, è molto importante prendersi cura della comunità in cui si vive. Personalmente, lo facevo già quando frequentavo le scuole superiori, svolgendo l’attività di rappresentante d’istituto e degli studenti nella Consulta provinciale di Lecco. Ovviamente, non si cambia il mondo, ma si inizia a capire come ci si comporta in un’assemblea consiliare, l’importanza della politica e del saper coinvolgere anche chi ha opinioni diverse. Tutto ciò, quando mi sono trovato coinvolto nell’amministrazione comunale, mi ha dato una marcia in più. Come amministrazione ci stiamo muovendo proprio per coinvolgere le giovani generazioni. Sono stato eletto con una lista unica, che da un lato mi ha reso le cose più semplici, ma dall’altro rappresenta un campanello d’allarme sul tema della partecipazione. A tal proposito, come già avviene in altre realtà, stiamo promuovendo il Consiglio Comunale dei Ragazzi, che, secondo me, può avvicinare molti giovani all’amministrazione”.
Lo spopolamento dei piccoli centri urbani è sempre più diffuso. In che modo i giovani potrebbero contrastare questa tendenza?
“A mio parere, lo spopolamento dei piccoli centri è spesso una scelta obbligata per frequentare l’università. Tuttavia, ricordo che durante la pandemia da Covid-19, e nel periodo immediatamente successivo, a molti studenti è stata data la possibilità di partecipare alle lezioni in forma mista, favorendo così il ritorno di importanti risorse umane nei piccoli comuni. Questa esperienza ci insegna qualcosa: sarebbe fondamentale iniziare a ragionare con le istituzioni universitarie su eventuali forme di didattica mista, per evitare che i giovani siano costretti ad abbandonare i loro paesi d’origine e dare loro la possibilità di scegliere”.
Quale messaggio vorrebbe lanciare ai suoi coetanei che, in alcuni casi, si sentono sfiduciati dalla politica? Quali sono i suoi auspici per il futuro?
“Viviamo in un contesto in cui, dagli anni ’90, si è assistito a una costante delegittimazione della politica in quanto tale. Questo è stato il risultato di eventi accaduti nei decenni scorsi e di una certa cultura antipolitica che, di fatto, ha indebolito i cittadini. La politica ha sicuramente delle responsabilità, perché degli errori sono stati fatti. Spero di riuscire a dare il buon esempio con la mia attività amministrativa. In forma collettiva dovremo fare i conti con il nostro passato. La politica, come è stato detto, è ‘la più grande forma di carità’: ha una sua dignità e non deve essere svalutata. La rappresentanza ha un ruolo chiave, e non possiamo permetterci di rinunciarvi”.
a cura di Christian Cabello