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Sant’Onorato di Amiens – Patrono dei fornai e dei pasticcieri
San Onorato di Amiens, Honoré, a volte Honorius, Honortus (Port-le-Grand, VI secolo – 16 maggio 600 circa), è stato un vescovo di Amiens.
Onorato sarebbe il terzo vescovo di Amiens secondo il catalogo episcopale della città; ma questa collocazione non è sicura, perché l’autore ha visibilmente raggruppati in testa, a casaccio, cinque vescovi venerati come santi. In ogni caso, Onorato è attestato dalla passio dei ss. Fusciatto e Vittorico. Secondo questo documento, che non può essere posteriore al sec. VIII, Onorato, sotto il re Childeberto (511-558), avrebbe presieduto all’invenzione del corpo dei due martiri.
Più tardi troviamo, nel X sec., una menzione della sua festa (16 maggio) nel Sacramentario d’Amiens e in quello di Saint-Vaast d’Arras, detto di Ratoldo. Disponiamo, infine, di una Vita, in realtà semplice raccolta di miracoli, che data dalla fine del sec. XI o del XII. A proposito del santo, l’autore ci parla soltanto dell’invenzione dei martiri Fusciano e Vittorico e fornisce alcuni particolari miracolosi: un giorno, dicendo la Messa, egli vide la mano del Signore che consacrava l’Ostia (“quadam die, cum vir Dei tractaret in Altari Dominici Corporis sacramentum videre meruit palmam Domini consecrantis”); questo fatto tuttavia si trova anche nella Vita di s. Firmino martire e di s. Salvo, anch’essi vescovi di Amiens.
Nacque a Port-le-Grand (Ponthieu) vicino ad Amiens da una famiglia nobile. Si dice che fosse virtuoso sin dalla nascita. Fu istruito dal suo predecessore nel vescovado di Amiens, San Beato. Era contrario a essere eletto vescovo di Amiens, credendosi indegno di questo onore. Secondo la tradizione un raggio di luce di origine divina discese sulla sua testa alla sua elezione a vescovo. Apparve anche olio santo di origine sconosciuta sulla sua fronte.
Onorato morì in una località detta Portus, nel contado di Ponthieu; ivi fu sepolto e poi il suo corpo fu trasportato ad Amiens perché fosse messo al sicuro. Notiamo che nel 1301 un vescovo di Amiens fondò ad Abbeville un convento di Certosini che pose sotto il nome di Onorato, e al quale donò la testa del santo. A Parigi, nel 1204, fu fondata una chiesa, oggi scomparsa, intitolata allo stesso santo, che ha dato il suo nome a tutto un quartiere della capitale (Faubourg Saint-Honoré).
Onorato è divenuto il patrono dei fornai, non si sa con esattezza perché; forse a causa del miracolo eucaristico prima narrato: la mano del Signore che gli apparve al di sopra del calice e gli tese un pane. Il suo attributo iconografico è una pala da fornaio su cui sono posati tre pani.
Secondo un’altra leggenda, quando si seppe nel suo paese natale che era stato proclamato vescovo, la sua bambinaia, che stava infornando il pane per la famiglia, rifiutò di credere che Onorato fosse stato elevato a un tale ruolo. Affermò che avrebbe creduto alla notizia solo se la pala che stava usando per infornare il pane avesse messo radici e si fosse trasformata in un albero. Quando la pala fu posta nella terra si trasformò in un cespuglio di more che diede fiori e frutti. Questo albero miracoloso era ancora mostrato nel sedicesimo secolo.
Alcune altre leggende narrano che egli stesso fu fornaio prima di diventare vescovo.
La sua devozione era molto diffusa in Francia seguendo le testimonianze di numerosi miracoli quando il suo corpo fu riesumato nel 1060.
Nel 1202 un fornaio di nome Renold Theriens (Renaud Cherins) donò alla città di Parigi della terra per costruirvi una cappella in onore del santo. La cappella divenne una delle più ricche a Parigi e diede il suo nome a Rue du Faubourg Saint-Honoré. Nel 1400 i fornai di Parigi stabilirono la loro corporazione nella chiesa di Sant’Onorato, celebrando la sua festa il 16 di maggio e diffondendone il culto.
È anche patrono della Certosa di Abbeville, che fu fondata nel 1306.
Nel 1659 Luigi XIV ordinò che tutti i fornai osservassero la festa di Sant’Onorato e dessero donazioni in onore del santo e per beneficenza alla comunità.
Il suo nome è stato dato alla torta Saint Honoré.
Una statua di Onorato è posta nell’ingresso della Cattedrale di Amiens.
Etimologia: Onorato = participio passato del verbo honoro (“onorare”, da honos, “onore”, “tributo”), che significava non solo “stimato”, “onorato”, “a cui vengono tributati onori” (senso che mantiene in italiano moderno), ma anche “onorabile”, “degno di essere onorato”[
Alcuni testi di preghiera:
Preghiera del panettiere
(di frate Angelo De Padova ofm)
Padre del cielo,
come panettiere
mi sento onorato che nella vita del tuo Figlio Gesù,
nato a Betlemme (casa del pane),
il frutto del mio lavoro è stato da lui
nominato, mangiato, spezzato, rappresentato, moltiplicato.
Con la farina, l’acqua, il sale e il lievito
lavorati durante la notte,
grazie a te faccio ogni mattina un miracolo:
il pane, motivo di speranza e di gioia
per quanti ne sentono la fragranza del profumo.
Il pane è compagnia, semplicità, sazietà, provvidenza, condivisione, sostegno.
Tuo Figlio un giorno disse:
“Non di solo pane vive l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”,
ti chiedo di aiutarmi, a trovare il tempo
perché io mi nutra di questa tua Parola
e soprattutto del Pane del cielo che viene consacrato ogni domenica sull’altare
e che ci dona la forza necessaria per affrontare le difficoltà della vita.
Padre nostro … dacci il nostro pane quotidiano …
aiutaci a saperlo condividere con chi non ne ha. Amen.
***
Preghiera della pasticciera
(di Nadia, artigiana pasticciera)
Signore, mentre sto impastando,
so di essere l’ultimo anello della catena,
prima che il cibo venga mangiato.Guardo sotto le dita e penso:
al sole che ha maturato i frutti,
agli animali che hanno fatto la loro parte,
vedo tutti gli elementi della natura in accordo,
come tante note di una melodia.Penso alle storie di tutti gli esseri umani,
venuti a contatto con ogni singolo ingrediente
ed immagino quando il dolce che sto preparando,
giungerà in una casa come lieto dono.Allora con sacralità continuo ad impastare,
lasciando sgorgare da tutta me stessa,
farina d’amore, nel tuo nome.
***
Betlemme città del pane … Pane nostro
(di p. Gianni Fanzolato)
Pane nostro, né tuo, né mio, ma nostro, è di tutti.
Nasci in cielo, perché seminato nel cuore di Dio,
ma fiorisci nei prati del mondo dove tutti possono sfamarsi.Il tuo nome sacro e fragrante sarà onorato e santificato,
se verrà moltiplicato e presente in tutte le mense del mondo.
Se anche un bambino dell’Africa, che non ha neanche acqua
per bere, potrà assaporare la delizia del tuo caldo sapore di pane.Quando la tua presenza onorerà il desco del povero e del ricco,
e sarai pane di vita in tutti gli altari del mondo per lenire la nostra
fame di Dio, che è grande, allora il tuo regno è una splendida realtà.E’ volontà di Dio che ti condividiamo, che ti spezziamo, rinnovando
il miracolo che un giorno Cristo ha fatto con cinquemila affamati.
Continua a seminare nel tuo cuore questo seme di vita, così in Asia,
Africa, America ed Europa ogni giorno ci darai la pianta con pane per tutti.Gesù, se imparassimo una buona volta ad essere generosi, a pensare
a chi non ha niente, ci sarebbero perdonati molti peccati, perché
molto abbiamo amato. Il mondo sarebbe una foresta verde piena di vita.Scuotici, svegliaci, Signore per non lasciarci nella tentazione
dell’egoismo e della chiusura, e liberaci dal male che distrugge
l’umanità. Se il pane ci sarà per tutti, la vita fiorirà come un campo
appena arato e seminato e ci sarà festa per tutti i tuoi figli, che ami.
***
Pane quotidiano
(di Antonietta Milella)
Signore ti voglio lodare benedire e ringraziare del pane che oggi mi hai concesso di impastare con te.
Gli ingredienti a disposizione erano diversi da quelli che avrei voluto per realizzare i miei progetti: stanchezza, dolore, preoccupazioni, impegni, contrattempi, limiti del corpo e dello spirito.
Grazie perché mi hai fornito il lievito per far fermentare la massa, ma anche la capacità di attendere che aumentasse di volume e cuocesse, sì che fosse commestibile e bastasse per tutti.
Grazie Signore di questo giorno in cui mi hai chiamato, nella tua bottega di fornaio, a fare il garzone perché il pane, con te, è garantito, qualunque siano gli ingredienti.
***
La preghiera del fornaio
(di Enio)
SIGNORE,
sono fornaio !!!
E nella notte profonda
mi appresto a produrre
quel “PANE QUOTIDIANO”
che ogni CRISTIANO
chiede a TE nella sua PREGHIERA.Accendo il forno,
impasto acqua, sale, farina
e, nell’attesa del lievitare,
con la PREGHIERA
affido a TE
questa mia giornata terrena.FA’ che si compia
secondo la
TUA DIVINA VOLONTA”’
e, ricordando che,
il DIVIN FIGLIOLO GESU’,
prima di essere TRADITO e
CROCIFISSO,
SPEZZO’ IL PANE
per farsi CIBO del’anima
CRISTIANA, io TI chiedo:donami la
GIOIA DELLA FEDE,
la FORZA DELL’ACCETTAZIONE
e il CONFORTO
DELLA SPERANZA,
per LODARE, SERVIRE
e AMARE TE,
con la mia mente e il mio cuore.GRAZIE, SIGNORE.
***
Il pane della comunità
(di padre Etienne)
Sono le quattro del mattino.
Tutto il villaggio è ancora avvolto nel lenzuolo del riposo.
Dalla bottega del fornaio filtra un raggio di luce.
Un uomo robusto, con il volto illuminato dal sudore, è già al lavoro per tutti.Ha versato la dose di farina sul tavolo.
Ha gettato alcune manciate di sale e di lievito.
Ha annaffiato tutto con la giusta quantità d’acqua.
Le spalle larghe, le braccia possenti, le mani decise. Eccolo pronto per
impastare un miscuglio appiccicoso,
lavorare una pasta informe,
schiacciarla, pestarla,
sollevarla, darle aria,
modellarla quando è compatta,
lasciarla riposare, lievitare, gonfiare,
deporla nel forno a legna,
guardarla dorare e scricchiolare sotto la calura del fuoco,
assaporare i profumi stuzzicanti di bruciato
e finalmente estrarre dalla bocca del forno un pane, grosso, caldo e bello.
Il villaggio può svegliarsi, il pane è pronto.Signore, fornaio celeste con il volto illuminato dal tuo sangue,
con le spalle livide dal peso della Croce, le braccia legate, le mani inchiodate.
Ho ripensato a questa nostra povera comunità fatta di uomini,
chicchi di grano troppo spesso dispersi dal vento della divisione.
Trasformarci in farina bianca,
bagnaci con la rugiada di uno sguardo misericordioso,
impastaci sotto il peso della tua Croce,
cuocici nel fuoco del tuo Spirito Santo perché diventiamo pane dorato,
tuo pane profumato: “Noi siamo dinanzi a Dio il profumo di Cristo”. (2 Corinzi 2, 15)
Fornaio celeste, eccoci tua Comunità per essere mangiati da chi a fame di Te.
***
Qas´at è preghiera
(di Antonio Fundarò)
Velato
il cielo,
è un rincorrersi di luci,
pioggia e vento…
un’incertezza
per ricordare
il martirio
più tragico
dell’umanità insensibile;
lo scampanio bronzeo a lutto,
quello di Bruxelles
e d’ogni luogo al mondo
dove l’uomo celebra la morte
e il patimento dell’Amore.
Uno sparo,
uno scoppio,
ed ecco,
a terra,
il figlio di Dio.E, poi,
il triduo,
la lavanda dei piedi,
la penitenza,
la mortificazione,
l’umiliazione,
e…
i sepolcri
anche oggi
che il sangue,
sempre rosso ed intenso,
scorre per le strade del mondo,
sono adornati
con calle bianche e grano verde,
e, a seguire,
le celebrazioni
e le processioni
del Venerdì Santo,
la preghiera
che spesso manca,
il dolore di Maria,
la marcia funebre,
le lacrime
sul sepolcro
dell’uomo
che non è più uomo,
oggi che,
mai pentito della sua umanità,
siede accanto
a Dio,
ed è parte,
indissolubile,
di quella Trinità
che comprende,
a pieno,
solo chi,
guarda e legge,
con fede
…
e si fa, pressante,
lo scampanio,
uno,
cento,
mille,
lì
dove l’uomo
cerca se stesso,
smarrito
nella frenesia
del tempo che scorre
troppo velocemente
e non ti dà
modo di pensare
e occhi per guardare.E mentre
l’uomo
s’interroga ancora,
sul male,
sul mondo,
su ciò che ha ancora a venire,
sui comandamenti traditi,
le tavole,
imbandite a festa,
le persone che ami,
gli amici,
i figli,
papà e mamma,
anche quando ti guardano dall’alto,
tornano
a brillare
di colori,
s’inseguono sapori
e odori,
e tu…
cristiano
reduce
da un tormentato
e sincero
pentimento,
torni a celebrare Dio,
con i suoi doni,
l’armonia
dei suoi migliori frutti,
e…
pensi,
con sincerità,
a chi,
lontano da te,
tende la mano,
le carestie,
le guerre,
le pestilenze dimenticate,
e … chiede.E tu,
riconvertito,
doni…
senza tentennare.Doni anche
Un sorriso,
una carezza,
la parola dolce.E, qui,
nella perla
meravigliosa del Mediterraneo,
dove il fuoco
erutta ancora
dalle viscere della terra,
e tremano
i monti
quando urtano le faglie,
e soffia,
forte,
il vento caldo
che non smette di ricordarci
che esiste,
più giù,
a Sud,
un mondo che ha bisogno di Noi,
torna,
trionfante,
la cassata,
quell’araba qas´at,
questa “bacinella”
di doni divini,
la pasta reale,
la buona crema di ricotta,
il soffice pan di spagna,
rievocazione storica
di quella dominazione araba,
ch’avevano portato,
a Palermo,
limoni,
cedri,
arance amare,
mandorle
e canna da zucchero.E sfoglio,
sorridendo,
un po’ incredulo,
quel documento,
ingiallito dal tempo,
del primo sinodo
dei vescovi siculi,
che nel 1575,
a Mazara del Vallo,
oggi
crogiolo di culture
e politiche d’integrazione,
testimonia l’origine antica
di questo dolce colorato,
definito,
a ragione,
come
“irrinunciabile durante le festività”
e che Castrenza,
così amabilmente,
aggrappata
alla tradizione,
come un bimbo
al grembo della madre,
ci regala
nella sua più veritiera
identità.Dio
è anche questo,
laboriosità
e convivialità,
armonia di sapori
e altruismo,
condivisione
ed integrazione.Qas´at
preghiera
irrinunciabile
al Dio
di tutti i popoli,
dell’una
e dell’altra sponda
di questo
mare Nostrum,
al Dio
del perdono
e della misericordia,
e più ancora
al Dio
dell’Amore.
Amore,
vero ed irrinunciabile
comandamento
d’ogni uomo.
Amore.Qas´at è preghiera.