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San Pasquale Baylon – Patrono dei cuochi e dei pasticcieri
Infanzia e primi anni
Cominciamo col dire che il nome Pasquale è di origine cristiana ed è molto usato anche nel femminile Pasqualina. Veniva dato ai bambini nati il giorno di Pasqua, ma le sue lontane origini sono ebraiche (Pesah = passaggio) volendo indicare il passaggio del popolo ebraico del Mar Rosso e il passaggio dell’angelo del Signore che salvò, segnandone le case con il sangue dell’agnello, i primogeniti ebrei per distinguerli da quelli egiziani destinati alla morte nell’ultima piaga d’Egitto.
Non è tuttavia il caso di Pasquale Baylón, che nacque il 16 maggio 1540, giorno di Pentecoste (che è detta anche “Pasqua rosata” o, in spagnolo, “Pascua de Pentecostés”), a Torre Hermosa in Aragona, Spagna, da Martín Baylón e da Isabel Jubera. Fin da bambino dimostrò una spiccata devozione verso l’Eucaristia, che sarà poi la caratteristica di tutta la sua vita religiosa.
Fu pastore prima del gregge della famiglia, poi a servizio di altri padroni. La solitudine dei campi favorì la meditazione, il suo desiderio di spiritualità, la continua preghiera; prese anche a mortificare il suo giovane corpo con lunghi digiuni e flagellazioni dolorose.
Vocazione francescana
A 18 anni chiese di essere accolto nel convento di Santa Maria di Loreto, dei Francescani Riformati detti Alcantarini da san Pietro d’Alcantara, riformatore dell’Ordine; non fu accettato, forse per la giovane età.
Pur di rimanere nei dintorni del convento, entrò al servizio, sempre come pastore, del ricchissimo possidente Martín García. Ammirato da questo suo giovane dipendente, gli propose di adottarlo così da poter diventare suo erede universale, ma lui oppose un deciso rifiuto, perché più che mai era deciso ad entrare tra i frati di san Francesco.
Dopo due anni, nel 1560, venne ammesso nel convento di S. Maria di Loreto, dove fece la sua professione religiosa il 2 febbraio 1564. Non volle mai ascendere al sacerdozio, nonostante il parere favorevole dei superiori, perché non si sentiva degno: si accontentò di rimanere un semplice fratello laico.
Frate portinaio dotato di scienza infusa
Fu per anni addetto ai vari servizi del convento, specialmente come portinaio, compito che espletò sempre con grande bontà, anche nei conventi di Jatíva e Valencia. Sebbene così giovane, si acquistò una certa fama di santità per le virtù cristiane e morali, ma anche per fatti prodigiosi che gli vennero attribuiti.
Fu davvero “pentecostale”, cioè favorito dagli straordinari doni dello Spirito Santo, tra cui quello della sapienza infusa: sapeva leggere e scrivere, ma non era molto colto. Eppure, era costantemente richiesto per consiglio da tanti illustri personaggi.
In missione tra i calvinisti
Anche il Padre Provinciale degli Alcantarini di Spagna, nel 1576, dovendo comunicare con urgenza col Padre Generale risiedente a Parigi, pensò di mandare fra Pasquale con la missiva, ben sapendo le gravi difficoltà del viaggio per l’attraversamento di alcune province francesi, che in quell’epoca erano dominate dai calvinisti.
Infatti il frate fu fatto oggetto di continue derisioni, insulti, percosse. A Orléans fu anche in pericolo di morte per lapidazione: aveva tenuto una serrata disputa sull’Eucaristia, tenendo testa agli oppositori e rintuzzando le loro false argomentazioni.
Serafino dell’Eucaristia
Al ritorno della sua delicata e pericolosa missione, fra Pasquale compose un piccolo libro di definizioni e sentenze sulla reale presenza di Gesù nell’Eucaristia e sul potere divino trasmesso al pontefice romano. A testimonianza di questa grande devozione, per cui venne soprannominato “Serafino dell’Eucaristia”, ci sono pervenuti i suoi pensieri personali e preghiere, che aggiungeva alle raccolte di scritti su temi eucaristici che trascriveva in un suo scartafaccio.
La morte
Per il suo desiderio di maggior perfezione, si sottoponeva a continue e pesanti mortificazioni e a penitenze sempre più numerose, al punto che la sua salute era ormai compromessa.Fu sorpreso dalla morte il 17 maggio 1592, il giorno dopo il suo cinquantaduesimo compleanno, presso il convento del Rosario a Villarreal, vicino Valencia. Come era accaduto il giorno della sua nascita, anche allora era Pentecoste.
I funerali videro la partecipazione di una folla di fedeli, che volle fare omaggio di una sentita venerazione alla salma dell’umile fratello laico francescano, la cui santità, per i miracoli che avvennero, fu conosciuta in tutto il mondo cattolico.
Culto e iconografia
Fu particolarmente venerato a Napoli, soggetta alla dominazione spagnola. Il culto si concentrò in due grandi e celebri conventi francescani, un tempo degli Alcantarini, ma ancora esistenti: San Pasquale a Chiaia e San Pasquale al Granatello, quest’ultimo nella città di Portici. Il suo nome fu dato a generazioni di bambini, come del resto in tutto il Sud Italia.
Fu beatificato 26 anni dopo la morte, il 29 ottobre 1618, da papa Paolo V e proclamato santo il 16 ottobre 1690 da papa Alessandro VIII. I suoi resti, che si veneravano con grande devozione a Villarreal, furono profanati e dispersi durante la guerra civile spagnola; in parte furono successivamente recuperati e restituiti alla città nel 1952.
La sua appassionata devozione per l’Eucaristia ha ispirato nei secoli i tanti artisti che l’hanno raffigurato: nelle opere d’arte, come nelle immaginette devozionali, compare sempre nell’atto di adorare il Santissimo Sacramento nell’ostensorio.
Patronati ufficiali e tradizionali
Papa Leone XIII, il 28 novembre 1897, lo proclamò patrono delle opere eucaristiche e dei congressi eucaristici. Popolarmente è considerato patrono anche dei cuochi e dei pasticcieri, in base ai suoi umili servizi svolti nel convento; secondo una tradizione, sarebbe l’inventore dello zabaione, il cui nome deriva evidentemente dal suo. Probabilmente per un’assonanza con il suo cognome (“San Pasquale Baylonne, protettore delle donne”), viene infine invocato dalle nubili in cerca di marito e dalle donne in generale.
Etimologia: Pasquale = in onore della festa cristiana
Alcuni testi di preghiera:
Preghiera a San Pasquale Baylon
O Dio, che hai dato a San Pasquale Baylon la grazia di seguire sino in fondo Cristo povero ed umile, concedi anche a noi di vivere fedelmente la nostra vocazione, per giungere alla perfetta carita’ che ci hai proposto nel Tuo Figlio, Egli e’ Dio, e vive e regna con Te, nell’unita’ dello spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen
***
Preghiera a San Pasquale Baylon
O Signore, che hai dato a San Pasquale Baylon un cuore povero e aperto alle necessità degli umili, concedi anche a noi di tenere il cuore distaccato dai beni della terra e di far partecipi i più bisognosi al frutto della nostra carità. Allontana ogni insidia del male, dona gioia, serenità, concordia familiare e ogni bene a quanti ti invocano. Amen.
***
Preghiera a San Pasquale Baylon
O Dio, che hai ispirato a San Pasquale un profondo amore verso il mistero eucaristico, concedi anche a noi di saper attingere dal divino banchetto la stessa ricchezza spirituale. Per Cristo nostro Signore. Amen
***
Preghiera della pasticciera
(di Nadia, artigiana pasticciera)
Signore, mentre sto impastando,
so di essere l’ultimo anello della catena,
prima che il cibo venga mangiato.Guardo sotto le dita e penso:
al sole che ha maturato i frutti,
agli animali che hanno fatto la loro parte,
vedo tutti gli elementi della natura in accordo,
come tante note di una melodia.Penso alle storie di tutti gli esseri umani,
venuti a contatto con ogni singolo ingrediente
ed immagino quando il dolce che sto preparando,
giungerà in una casa come lieto dono.Allora con sacralità continuo ad impastare,
lasciando sgorgare da tutta me stessa,
farina d’amore, nel tuo nome.
***
Qas´at è preghiera
(di Antonio Fundarò)
Velato
il cielo,
è un rincorrersi di luci,
pioggia e vento…
un’incertezza
per ricordare
il martirio
più tragico
dell’umanità insensibile;
lo scampanio bronzeo a lutto,
quello di Bruxelles
e d’ogni luogo al mondo
dove l’uomo celebra la morte
e il patimento dell’Amore.
Uno sparo,
uno scoppio,
ed ecco,
a terra,
il figlio di Dio.E, poi,
il triduo,
la lavanda dei piedi,
la penitenza,
la mortificazione,
l’umiliazione,
e…
i sepolcri
anche oggi
che il sangue,
sempre rosso ed intenso,
scorre per le strade del mondo,
sono adornati
con calle bianche e grano verde,
e, a seguire,
le celebrazioni
e le processioni
del Venerdì Santo,
la preghiera
che spesso manca,
il dolore di Maria,
la marcia funebre,
le lacrime
sul sepolcro
dell’uomo
che non è più uomo,
oggi che,
mai pentito della sua umanità,
siede accanto
a Dio,
ed è parte,
indissolubile,
di quella Trinità
che comprende,
a pieno,
solo chi,
guarda e legge,
con fede
…
e si fa, pressante,
lo scampanio,
uno,
cento,
mille,
lì
dove l’uomo
cerca se stesso,
smarrito
nella frenesia
del tempo che scorre
troppo velocemente
e non ti dà
modo di pensare
e occhi per guardare.E mentre
l’uomo
s’interroga ancora,
sul male,
sul mondo,
su ciò che ha ancora a venire,
sui comandamenti traditi,
le tavole,
imbandite a festa,
le persone che ami,
gli amici,
i figli,
papà e mamma,
anche quando ti guardano dall’alto,
tornano
a brillare
di colori,
s’inseguono sapori
e odori,
e tu…
cristiano
reduce
da un tormentato
e sincero
pentimento,
torni a celebrare Dio,
con i suoi doni,
l’armonia
dei suoi migliori frutti,
e…
pensi,
con sincerità,
a chi,
lontano da te,
tende la mano,
le carestie,
le guerre,
le pestilenze dimenticate,
e … chiede.E tu,
riconvertito,
doni…
senza tentennare.Doni anche
Un sorriso,
una carezza,
la parola dolce.E, qui,
nella perla
meravigliosa del Mediterraneo,
dove il fuoco
erutta ancora
dalle viscere della terra,
e tremano
i monti
quando urtano le faglie,
e soffia,
forte,
il vento caldo
che non smette di ricordarci
che esiste,
più giù,
a Sud,
un mondo che ha bisogno di Noi,
torna,
trionfante,
la cassata,
quell’araba qas´at,
questa “bacinella”
di doni divini,
la pasta reale,
la buona crema di ricotta,
il soffice pan di spagna,
rievocazione storica
di quella dominazione araba,
ch’avevano portato,
a Palermo,
limoni,
cedri,
arance amare,
mandorle
e canna da zucchero.E sfoglio,
sorridendo,
un po’ incredulo,
quel documento,
ingiallito dal tempo,
del primo sinodo
dei vescovi siculi,
che nel 1575,
a Mazara del Vallo,
oggi
crogiolo di culture
e politiche d’integrazione,
testimonia l’origine antica
di questo dolce colorato,
definito,
a ragione,
come
“irrinunciabile durante le festività”
e che Castrenza,
così amabilmente,
aggrappata
alla tradizione,
come un bimbo
al grembo della madre,
ci regala
nella sua più veritiera
identità.Dio
è anche questo,
laboriosità
e convivialità,
armonia di sapori
e altruismo,
condivisione
ed integrazione.Qas´at
preghiera
irrinunciabile
al Dio
di tutti i popoli,
dell’una
e dell’altra sponda
di questo
mare Nostrum,
al Dio
del perdono
e della misericordia,
e più ancora
al Dio
dell’Amore.
Amore,
vero ed irrinunciabile
comandamento
d’ogni uomo.
Amore.Qas´at è preghiera.