Da quasi due anni, la Diocesi di Como ha attivato il Fondo Rete Lavoro. Grazie alle donazioni dei fedeli e delle Parrocchie vengono finanziati progetti che permettono a persone rimaste senza occupazione di avere un reinserimento sociale e lavorativo. L’operatività si stava assestando in questi mesi con un equilibrio tra risposte ai bisogni e risorse disponibili. Le organizzazioni promotrici, la Pastorale Sociale e del lavoro, la Caritas, le ACLI e la CDO avevano pensato di rilanciare, in particolare in occasione della festa dei lavoratori il primo maggio, il messaggio e proporre nuove soluzioni.
La situazione che si è delineata in queste settimane modifica ovviamente sia i tempi che le prospettive stesse di esistenza e di sviluppo del Fondo. E’ evidente nell’immediato il blocco dell’operatività dei nostri servizi e dei contributi conseguenti, anche a partire dal fatto che gli strumenti della progettualità su cui si basa la nostra azione sono bloccati a livello normativo: le azioni di inserimento come i tirocini aziendali non sono attivabili e gestibili, i corsi di formazione per la riqualificazione per gli adulti sono fermi. L’attenzione delle aziende, anche le più disponibili e lungimiranti è ora focalizzata su problemi di sopravvivenza pressanti.
Non pare peraltro sensato da parte nostra in questa fase introdurre una richiesta di donazioni non strettamente legate all’emergenza sanitaria e ai bisogni primari dell’individuo e delle famiglie. Si può invece pensare che in una fase di ripresa della vita sociale e lavorativa, auspichiamo nel tempo più breve possibile, accanto ai tanti altri che verranno evidenziati, si possa porre il problema del lavoro per i più deboli, in un contesto che sarà nel frattempo notevolmente mutato rispetto a “prima”. Quindi si deve usare questo periodo per pensare a una ridefinizione di obiettivi e soggetti tenendo in giusta considerazione nuovi orizzonti.
Probabilmente l’idea di fornire supporti a progetti definiti può continuare ad essere praticata, ma non sarà considerata la più urgente. Più importante potrà invece essere l’individuazione di altre forme di supporto alle persone e alle famiglie, anche più dirette, avendo come criterio la tracciabilità dei percorsi garantita dal nostro sistema e l’obiettivo del lavoro per le fasce più deboli.
L’importante è avere l’opportunità di mettere a disposizione degli ultimi e della Chiesa uno strumento che funziona già, sulla base di una partnership affidabile e rodata e per questo obiettivo lavoreremo fino a tempi migliori.
Giorgio Riccardi