Registrazione del convegno
Sabato 15 Giugno h. 9.30
Sala Consiliare della Provincia di Sondrio – Palazzo Muzio – Corso XXV Aprile
PROGRAMMA
- 9.30 – Introduzione e saluti istituzionali
- 9.45 – Tiziano Torresi: Ascesi, pensiero ed azione: il profilo intellettuale di Sergio Paronetto
- 10.30 – Alfonsina Pizzatti: Rosa Dassogno: la mamma valtellinese di Sergio Paronetto
- 11.00 – Sebastiano Nerozzi: Fondata sul lavoro: il Codice di Camaldoli alle radici della Costituzione
- 11.45 – Interventi e dibattito
- 12.30 – Conclusione Convegno
I RELATORI:
- Tiziano Torresi: Laureato con lode in Scienze Politiche e internazionali, con Laurea specialistica in Politiche e relazioni internazionali, con lode, ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Storia contemporanea. E’ stato borsista presso l’Istituto Italiano per gli Studi Storici di Napoli, Assegnista di Ricerca presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Roma Tre, professore a contratto di Storia delle Istituzioni Politiche presso Unimercatorum, ed è ricercatore RTT presso Unipegaso. Ha conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale di II fascia (s.s.d. 11/A3 M-STO 04 Storia contemporanea).E’ autore di numerosi saggi e volumi sulla storia del movimento cattolico, sulla formazione della classe dirigente democristiana e sull’intervento pubblico in Italia tra le due guerre mondiali; recentemente ha curato il volume “Il Codice di Camaldoli”, pubblicato da Studium con prefazione di Sergio Mattarella e postfazione del Card. Pietro Parolin
- Alfonsina Pizzatti: Insegnante e Direttrice didattica, ha svolto attività giornalistica ed è stata Direttore Responsabile del Corriere della Valtellina. Ha elaborato e pubblicato studi sulle principali figure della politica valtellinese del ‘900. E’ stata Segretaria Provinciale del Partito Popolare Italiano ed è membro del Direttivo dell’Istituto storico sondriese per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea (Issrec OdV).
- Sebastiano Nerozzi: Professore Ordinario di Storia del Pensiero Economico presso il Dipartimento di Economia e Finanza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e il Dipartimento di Storia dell’Economia, della Società e di Scienze del territorio «Mario Romani». E’ Vicedirettore del Master in Filosofia e Management. Competenze Filosofiche per le Decisioni Economiche. Svolge attività didattica nei corsi di Storia del Pensiero Economico, Storia del Pensiero economico progredito, Storia d’Impresa e dei sistemi d’impresa. I suoi interessi di ricerca riguardano la storia del pensiero economico americano, la storia della politica economica e delle istituzioni finanziarie in Italia.
Rimandiamo alla pagina del sito della Società Economica Valtellinese per altri materiali e per la rassegna stampa.
SERGIO PARONETTO: UN ECONOMISTA VALTELLINESE PROTAGONISTA DELLA RINASCITA CIVILE ITALIANA
Poche persone in Valtellina conoscono la figura di Sergio Paronetto, studioso, economista ma anche uomo d’azione che nella sua breve vita (morì a soli 34 anni) ebbe un ruolo determinante per la rinascita civile dell’Italia alla fine del ventennio fascista, al punto che De Gasperi arrivò a definirsi “ suo scolaro entusiasta” e Ezio Vanoni lo ricordò come “ … il migliore delle nostre vecchie schiere, quello certamente più completo, che seppe meglio fondere le doti di uomo di pensiero e di uomo di azione”.
Sergio Paronetto era nato nel 1911 a Morbegno da Antonio Paronetto, un funzionario del ministero dell’industria di origini trevigiane, e da Rosa Dassogno, nota come Rosetta, una maestra di Berbenno assai attiva nel movimento cattolico e di emancipazione delle donne, fondatrice nella Valtellina di inizio ‘900 di scuole festive e di lavoro per donne lavoratrici e contadine e di società operaie femminili di mutuo soccorso. Seguì la famiglia nei trasferimenti lavorativi del padre a Brescia, poi a Ivrea dove svolse il percorso scolastico e infine a Roma, senza mai perdere i contatti con la Valtellina e anzi con periodi di ritorno anche abitativo in valle. Appassionato alpinista, si iscrisse al CAI e alla “Giovane montagna”, un movimento di alpinismo cattolico che considerava la montagna come scuola di vita, di disciplina e di sacrificio ascetico. Nel 1927 fu scelto tra i migliori 80 studenti d’Italia per un viaggio di studio in Ungheria, nel corso del quale si manifestò la malattia reumatica che compromise la sua salute per il resto della vita. Nel 1928 seguì la famiglia a Roma, dove si iscrisse alla Facoltà di Scienze Politiche avendo docenti protagonisti del regime fascista come Alfredo Rocco, Giuseppe Bottai e Sergio Panunzio, e dove elaborò un solido metodo di studio e di ragionamento, appassionandosi a temi di statistica e di storia dell’economia e arrivando, in meno di 4 anni, ad una brillante laurea con lode e dignità di pubblicazione della tesi. In quegli anni aderisce alla FUCI (Federazione Universitaria Cattolica), stringendo un solido e duraturo legame con Monsignor Montini, il futuro Papa Paolo VI, ragionando e progettando un futuro migliore e più autenticamente cristiano per l’Italia e per il mondo, e per questo entrando in forte contrasto con il regime fascista.
Il primo Gennaio 1934 iniziò la sua attività professionale all’IRI, nello stesso giorno in cui la iniziava Pasquale Saraceno, anche lui nativo di Morbegno e la cui moglie, Giuseppina Vanoni, era amica e parente di Rosetta Dassogno. In quegli anni all’IRI veniva affidato, un po’ alla chetichella, il compito di rimediare alle lacune congenite dell’economia italiana, in parte provenienti da lontano ma aggravate dalla politica del regime e dalla crisi del ’29. Come responsabile dell’Ufficio Studi Paronetto fu protagonista di ardite operazioni di riorganizzazione e salvataggio del sistema bancario e di altri settori come quello siderurgico, della cantieristica e della navigazione, ma soprattutto partecipò alla ridefinizione del ruolo dello stato nell’economia, un ruolo, scriveva Paronetto, di “tutore del risparmio, potenziatore dello sviluppo industriale, coordinatore delle forme di iniziativa pubblica e privata”.
L’autorevolezza di questo giovane uomo di studio e di azione concreta crebbe rapidamente, conquistando la piena fiducia del suo Direttore Generale Donato Menichella e diventando protagonista della decisione che nel ’37 portò il regime a dare all’IRI carattere non estemporaneo ma istituzionale e permanente con il compito di ridisegnare in profondità l’economia italiana.
Questo rilevantissimo impegno non gli impedì di essere promotore, organizzatore e frequentatore fin dall’inizio di quelle “settimane” che, a partire dal 1936, riunirono presso il monastero di Camaldoli il meglio degli intellettuali cattolici per un confronto con le sfide della modernità. Con lo scoppio della guerra nel 1940, e ancora di più nei mesi dell’occupazione tedesca, la casa Paronetto in Via Reno a Roma divenne in breve il riferimento per incontri clandestini tra gli esponenti di quella che sarebbe diventata la componente cattolica della classe politica che ricostruì l’Italia (De Gasperi, Vanoni, Saraceno, Gonella, Ferrari Aggradi, La Pira, Andreotti, e tenti altri); in quegli incontri Paronetto esprimeva la necessità di capire, valutare e giudicare i tragici avvenimenti, facendone derivare la responsabilità di scelte precise. Nell’autunno del ’42 Paronetto fu verosimilmente l’autore del documento sulle Forze vive dell’economia italiana che, consegnato da De Gasperi all’inviato del governo americano, fu una delle basi che consentirono di preparare per l’Italia un’uscita “separata” dalle vicende belliche, e nel gennaio del ’43 consegnò a De Gasperi un articolato documento sulla questione istituzionale e costituzionale che la fine del regime, percepita come ormai imminente, avrebbe aperto, cercando di convincerlo che la base della democrazia politica avrebbe dovuto essere la giustizia sociale e la democrazia economica. Molto critico in questa fase di quella che considerava una posizione di inerzia e di disorientamento di Pio XII, e anche della utilità di costituire un partito politico di ispirazione cristiana, nel marzo dello stesso anno elaborò alcuni testi che sarebbero poi confluiti in Idee ricostruttive della Democrazia cristiana . In quei mesi tumultuosi che videro la caduta del fascismo Paronetto fu soprattutto l’ispiratore e colui che organizzò i lavori di studio e di discussione che portarono all’elaborazione del documento che sarà poi chiamato “Codice di Camaldoli”, e che definirà le linee guida operative per la ricostruzione politica, economica e civile del paese dopo la tragedia bellica; elaborò un testo, dal titolo “Morale “professionale” del cittadino” che gli attirò le critiche del Vaticano, ma che cercava di fissare il carattere civile ed etico dell’antifascismo come base per la rinascita italiana. Nei mesi successivi assunse la responsabilità di Vicedirettore e Procuratore dell’IRI, la cui sede, dopo l’8 Settembre, era stata trasferita al Nord, e svolse un’ampia attività di sostegno organizzativo e finanziario alla Resistenza romana e al Fronte militare clandestino; nel giugno del ’44, alla liberazione di Roma, rimise nelle mani del presidente Menichella il mandato di Vicedirettore dell’IRI, e assunse il compito di continuare a fornire dati, riflessioni e indirizzi per la ricostruzione del paese e sul ruolo che l’IRI era chiamata a svolgere a tal fine. In questa fase fu coinvolto in una paradossale accusa di fiancheggiamento con i nazifascisti, accusa da cui fu prosciolto solo dopo la sua morte con una sentenza di “alto elogio” per la sua “nobile figura”.
Alla fine del ’44, quando fu costretto stabilmente a letto per le condizioni di salute ormai declinanti, si dedicò ad approfondire con numerose note e scritti sul rapporto tra il comunismo e la visione politica dei cristiani,individuando la necessità di un confronto senza opposizioni preconcette ma anche una serie di distinguo sulla linea che la nascente Democrazia Cristiana di De Gasperi andava assumendo come “partito dei cattolici”. Nei primi mesi del nuovo anno curò la prima pubblicazione del Codice di Camaldoli, che uscì con il titolo Per la comunità cristiana, e mise mano all’ambizioso progetto di una pubblicazione su La democrazia nella vita economica, senza nel contempo cessare di operare per l’IRI, sia pure dietro le quinte a causa del procedimento contri di lui ancora in corso.
Morì a Roma il 20 marzo del ’45, lasciando un grande vuoto, una grande eredità di pensiero e di azione, e soprattutto senza poter contribuire a quel nuovo capitolo della storia italiana che aveva intensamente contribuito a preparare e che lo avrebbe indubbiamente visto protagonista.