Appello della Consulta Regionale Ecclesiastica della Pastorale sociale e del lavoro

Laudate Deum nelle Chiese della Lombardia

Papa Francesco, nel giorno di S. Francesco d’Assisi, ha pubblicato l’Esortazione apostolica «Laudate Deum» (LD) riprendendo il tema della crisi climatica e l’ha indirizzata, come per la Lettera enciclica «Laudato sì» (LS) del 2015 sulla cura della casa comune, a tutte le persone di buona volontà.

Questo indirizzo a tutti gli uomini e le donne di buona volontà si rivolge in modo forte e missionario particolarmente ai cristiani. Il Papa, infatti, scrive: «La fede autentica non solo dà forza al cuore umano, ma trasforma la vita intera, trasfigura gli obiettivi personali, illumina il rapporto con gli altri».¹

In questo c’è un’indicazione profondamente morale, un invito che riprende in modo ancora più deciso il magistero espresso nella LS, con la consapevolezza inequivocabile che, per quanto qualcuno cerchi ancora di negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento climatico sono sempre più evidenti, tanto che «forse ci stiamo avvicinando a un punto di rottura».²

Il Papa passa in rassegna i molti segni e le molte iniziative che mostrano il dramma climatico che stiamo attraversando e segnala l’insufficienza delle risposte, sia a livello istituzionale e sociale che a livello personale.

Egli chiede che «ci rendiamo conto di non aver «reagito abbastanza»³, che la transizione ecologica procede troppo lentamente e soprattutto che la conversione ecologica è ancora troppo marginale nelle nostre vite, nelle dinamiche che governano le agende della politica, in quelle dell’economia e della finanza, e di conseguenza in quei processi che poi ne innescano altri non solo rispetto alla vita possibile, ma anche alla vita giusta e buona.

Siamo invitati a creare una cultura nuova, basata sul radicale cambiamento del diffuso stile di vita irresponsabile, legato al modello consumista che perpetra un significativo impatto negativo a lungo termine.

Si tratta di non cedere alle lusinghe di una tecnocrazia che domina tutto e di non considerare l’uomo, socialmente e individualmente, come un dominus assoluto, «perché un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso».

Anche le comunità cristiane della Lombardia vogliono continuare a ripercorrere queste questioni, riflettendo sull’ultimo messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato 2023: «Dobbiamo decidere di trasformare i nostri cuori, i nostri stili di vita e le politiche pubbliche che governano le nostre società», poiché «politiche economiche che favoriscono per pochi ricchezze scandalose e per molti condizioni di degrado decretano la fine della pace e della giustizia».

Le comunità cristiane sono interpellate a una riflessione che parta dalla considerazione di alcune emergenze climatiche ed ecologiche che affliggono la nostra terra lombarda a partire dalla provocazione che ci viene dal Papa.

Consumo di suolo, cambiamenti climatici, distruzione della biodiversità, inquinamento del suolo, dell’aria e dell’acqua sono aspetti sui quali vogliamo continuare a porre l’attenzione in modo costruttivo ed urgente, non tanto per una riflessione immediatamente politica, quanto per una considerazione morale e spirituale che muova il cuore a una conversione e ad una riflessione responsabilmente rinnovata anche nell’esercizio della responsabilità politica.

Ci preme domandarci quali possano essere gli impatti sociali e morali di questi fenomeni e dello sviluppo convulso, caotico e spesso incontrollato dei nostri territori lombardi.

Le tematiche più urgenti e spesso dibattute, ma anche più facilmente eluse dai confronti sociali di grande impatto comunicazionale, sembrano essere quelle relative al consumo del suolo, alla distribuzione dei fanghi e degli scarti pericolosi, alla ridistribuzione delle risorse idriche ed energetiche, alla custodia delle caratteristiche geologiche del territorio in relazione all’abitabilità e alla fruizione sociale e anche spirituale del territorio.

Tra questi molti aspetti desideriamo porre la nostra particolare attenzione su quello del consumo di suolo, perché più facilmente riassuntivo dell’intreccio di elementi indicati dal Papa.

Per accogliere l’invito del Papa, occorre innanzitutto porsi in atteggiamento di ascolto e di riflessione.

Che cosa significa consumo del suolo? Da una prima valutazione e senza entrare in dettagli specialistici, appare chiaro a tutti che, attraverso il moltiplicarsi di costruzioni e la cementificazione, l’ambiente antropico sostituisce sempre più massicciamente l’ambiente biologico.

La costruzione di case, fabbriche, strade, infrastrutture modifica il territorio in modo evidente.

Di conseguenza, alla luce della proposta di LD, parrebbe importante, prima di occupare nuovo suolo biologico, gestire quei tanti immobili industriali e di edilizia commerciale del passato che oggi sono abbandonati in stato di degrado.

Prima, insomma, di costruire da capo occupando territorio destinato ad uso agricolo o comunque libero da infrastrutture e strutture, ci chiediamo se davvero valga la pena e se sia giusto operare con logiche che si fondano su ragioni di tipo prevalentemente economico, senza dare giusto peso alle ragioni che il Papa ci ricorda con carattere di urgenza.

Ci chiediamo se sia possibile riqualificare piuttosto che occupare nuovi terreni.

Se vogliamo approfondire meglio la riflessione, possiamo addurre alcune considerazioni più specifiche.

La prima è che l’istanza del Papa ci porta ad evidenziare un aspetto spesso sottaciuto: il suolo è un laboratorio biologico, estremamente fragile, da cui dipendono la produzione di biomassa, la catena alimentare e la biodiversità terrestre.

Per ricostruire la fertilità di un suolo reso impermeabile, e perciò sterile e improduttivo, servono centinaia di anni.

Unita a ciò, c’è anche la questione legata al cambiamento del naturale scorrimento di corsi d’acqua, nonché al deflusso della stessa che da sempre va a rimpinguare le falde.

La seconda considerazione va nella direzione dell’analisi dei dati. Se scorriamo il rapporto del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), intitolato: Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi eco-sistemici Edizione 2022, ci accorgiamo che in Italia, nel 2021, abbiamo raggiunto un consumo di suolo di 21.450 Kmq, pari al 7,13% di tutto il territorio, con un incremento di circa 70 Kmq tra il 2020 ed il 2021.

Ogni secondo consumiamo circa 2 mq di suolo. In Lombardia siamo al 12,12% della superficie totale. In alcune provincie siamo attorno al 20%, con picchi tra il 30% ed il 40%. Possiamo dire che la situazione rischia davvero di essere compromessa.

L’occupazione del suolo comporta costi occulti, quantificati dallo stesso rapporto in 100.000 di euro a Kmq che saranno pagati dalla collettività e che certamente non rientrano nei piani economici e finanziari di chi occupa il suolo.

La terza considerazione analizza la questione dei servizi di logistica. Nella provincia di Bergamo, per il biennio 2019-2020 sono arrivate al servizio «Pianificazione territoriale» nove istanze, per un totale di 138 ettari per lo sviluppo di questi poli; nel 2021-2022 un totale di 104 ettari, e altre quattro istanze ancora non definite per circa 41 ettari. 

Nell’area Adda Martesana, l’area Milano Smistamento e Melzo diventerà tra non molto un pezzo del porto di Genova con infrastrutture della Zona Logistica Semplificata – Porto e retro-porto di Genova con un incremento di traffico pesante di circa 2.000 TIR al giorno.

Nel Parco Agricolo Sud Milano c’è la richiesta di sviluppare un nuovo parco logistico su un’area agricola di 645.000 mq, di cui 208.000 coperti da capannoni, da adibire a: ricezione, stoccaggio, assemblaggio e spedizione merci.

Se è pur vero che i vari Comuni riceveranno contributi diretti e indiretti per milioni di Euro, appare tuttavia ovvio che questi territori non saranno più biologicamente, fisicamente e chimicamente uguali a prima.

La quarta considerazione si riferisce al fatto che questo tipo di consumo del suolo produce altre conseguenze legate all’incremento del traffico, concentrato in un’area ristretta.

Uno studio fatto da Legambiente su un polo logistico di 60.000 mq afferma che il traffico generato immette in atmosfera, in un anno, circa 300 Ton di CO2.

A questa si aggiungono anche le emissioni degli altri inquinanti.

Livelli alti in inquinamento atmosferico determinano criticità sanitarie per la presenza di PM10 e PM2.5, agenti cancerogeni accertati dall’OMS.

Come quinta considerazione occorre ricordare altre conseguenze e danni sociali. Solitamente la tipologia di lavoro che viene proposta è soprattutto manuale e dequalificata, con scarso interesse da parte della manodopera locale, più qualificata.

Questo richiama manodopera da altre zone o paesi con un reclutamento che avviene con forme non sempre limpide, rivolte a gruppi di extracomunitari, con difficoltà di inserimento nel tessuto sociale locale.

Il livello retributivo è basso, con contratti atipici, con il risultato di tensioni sociali. Il tipo di contratto ed il turnover conseguente generano nuove sacche di fragilità ed emarginazioni che poi ricadono sui servizi sociali e sulle organizzazioni caritative ed i servizi sociali dei Comuni che si fanno carico delle marginalità.

Ma c’è anche il cambiamento nel modello di distribuzione delle merci e dei servizi e di conseguenza della struttura del commercio e del modo di abitare nei paesi e nelle case.

Infine non dimentichiamo l’effetto sul paesaggio.

I poli logistici, per le loro caratteristiche edificatorie e con lo scopo di offrire il maggior volume possibile allo stoccaggio e alla movimentazione, sono dei monoliti che stravolgono il paesaggio.

Quando questi «Big Box» sono progettati e realizzati in prossimità di fabbricati storici, Chiese, Santuari diventano dei veri mostri.

Anche il paesaggio, e all’interno di questo i beni architettonici, deve essere tutelato ed è un bene di tutti, come pronunciato anche nella nostra Costituzione.

Queste considerazioni rendono più urgenti gli appelli di Papa Francesco, che ci esorta a pensare nuovi modelli di sviluppo, più etici e più intelligenti, nel rispetto dell’ambiente e nella difesa del futuro, riflettendo responsabilmente «sul senso dell’economia e sulla sua finalità, per correggere le sue disfunzioni e distorsioni».

In particolare, Papa Francesco ci ricorda che non pare più sostenibile la modalità di una via di mezzo tra la cura per la natura e la rendita finanziaria, tra la conservazione dell’ambiente e il progresso scientifico e tecnologico.

Su questo tema «le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro». Esse, infatti, nascondono il vero motore di questa cultura: «Il principio della massimizzazione del profitto è una distorsione concettuale dell’economia: se aumenta la produzione, interessa poco che si produca a spese delle risorse future o della salute dell’ambiente.

Vale a dire che le imprese ottengono profitti calcolando e pagando una parte infima dei costi.

Si potrebbe considerare etico solo un comportamento in cui «i costi economici e sociali derivanti dall’uso delle risorse ambientali comuni siano riconosciuti in maniera trasparente e siano pienamente supportati da coloro che ne usufruiscono e non da altre popolazioni o dalle generazioni future».

In merito alla supremazia dell’economia e del profitto, don Primo Mazzolari, nel 1940, scriveva: «Gli uomini intelligenti di qualche anno fa, in America e altrove avevano scoperto questa formula di saggezza per far andar bene il mondo: produrre molto, consumare molto.

Se un anno si fa tanto vino, beviamone tanto. Non c’è altra maniera per risolvere la crisi che diventare degli imbuti, cioè dei consumatori, senza più il tempo di dare un’occhiata in giro a ciò che è bello e un pensiero a ciò che è buono.

Il materialismo è questo, soprattutto questo: «produrre per consumare, con una conseguente schiavitù che non ha eguali nella storia… e con l’illusione di arrivare a star bene!».

Che cosa fare?

La prima cosa da fare è rendersi conto che siamo personalmente coinvolti e responsabili.

Dobbiamo perciò informarci, riflettere e agire. Insomma l’esortazione alla partecipazione responsabile e attiva, che il programma della Settimana Sociale dei cattolici di Trieste del prossimo 2024 suggerisce e incoraggia, ci riguarda in modo forte e bello.

Non possiamo poi stare fermi, negare che la situazione sia grave o che debbano occuparsene altri.

Vi sono persone e organizzazioni che già sono attive: allora costruiamo reti con le realtà già presenti, incontriamoci e confrontiamoci per avviare percorsi condivisi.

Ci impegniamo perciò a evitare, come comunità, il rischio di «non reagire abbastanza». come sottolineato in LD.

Incoraggiamo le comunità e le persone a riflettere sul proprio ruolo nella protezione dell’ambiente e ad adottare misure concrete per preservare il pianeta.

L’assunzione di responsabilità da parte di ciascuno e dell’intera collettività è ormai necessaria anche per quegli aspetti del cambiamento climatico legati all’attività antropica. «Questo periodo può essere una opportunità reale per un cambiamento di rotta. Desideriamo vivere il nostro impegno con speranza sapendo che è possibile e dipende da noi». La speranza ci invita a riconoscere che c’è sempre una via di uscita, che possiamo sempre cambiare rotta, che possiamo sempre fare qualcosa per risolvere i problemi».

Più concretamente la comunità cristiana può impegnarsi a creare luoghi e momenti di discernimento e di assunzione di responsabilità morali e sociali, può sollecitare forme di dialogo e confronto con le istituzioni quali le imprese, le scuole, le università e le altre confessioni religiose, può assumere forme di comportamento responsabile e pedagogico capaci di creare mentalità responsabilmente nuove e rinnovate.

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¹ Laudate Deum, n. 61
² Laudate Deum, n. 02
³ Ibidem
⁴ Laudate Deum, n. 73
⁵ Fonte, studio realizzato per la Provincia di Bergamo dal Centro studi sul territorio «Lelio Pagani» dell’Università degli studi di Bergamo.
⁶ Laudato Si, n. 195
⁷ S. Antonio: il contadino del deserto
⁸ Laudate Deum, n. 2
⁹ Laudato sì, n. 62