“Non sarà un intervento che cambierà tutto o la soluzione di tutto, ma, ci auguriamo, un piccolo segno di speranza, l’inizio di un processo”.
Con queste parole don Fabio Fornera, nella conferenza stampa di presentazione del Fondo Rete Lavoro, il 1° giugno 2018, ha salutato la partenza dell’iniziativa. A quasi un anno da quel giorno, possiamo dire che questa nuova fase del Fondo, anche in virtù delle sue specificità, si conferma un segno “piccolo”, ma crediamo importante per la nostra comunità ecclesiale, di attenzione al mondo del lavoro.
Come ormai noto, il Fondo si propone di aiutare persone in difficoltà economica ed occupazionale, facilitando l’effettuazione di attività formative, tirocini, percorsi di inserimento lavorativo, con l’erogazione di fondi e con l’accompagnamento personale. Molti “nodi” di questa “rete” sono costituiti dai Centri di Ascolto del territorio, ma hanno contribuito alla segnalazione e all’individuazione di possibili interventi anche le Cooperative, i Centri di formazione professionale, le organizzazioni di volontariato e gli stessi enti promotori.
Complessivamente, sono state valutate 32 proposte, di cui 30 sono state accolte. Le altre due, insieme ad altre 15 persone incontrate, sono state indirizzate ai servizi all’impiego o rimandate ad altri percorsi di sostegno da parte della Caritas. In questi mesi, dalle parrocchie e da singoli, sono stati convogliati al Fondo 38.153,90 euro e, al momento, ne sono stati impiegati per i diversi interventi 27.325,35.
Questi primi undici mesi di attività hanno fornito indicazioni importanti per il prosieguo delle iniziative del Fondo. Nel prossimo periodo sarà necessario ampliare l’area di intervento, che al momento è troppo centrata sulla fascia del comasco. Una delle caratteristiche di questa fase del Fondo è cercare di essere in collegamento con qualunque organizzazione o struttura si occupi di interventi simili, quindi sarà opportuno diversificare il più possibile gli operatori coinvolti, per “allargare” la rete. Un’altra caratteristica del Fondo è quella di non porre un’ingente potenzialità economica come obiettivo principale; e, tuttavia, per mantenere una buona operatività, sarà indispensabile consolidare le risorse a disposizione, a partire dalla raccolta annuale, che si va a collocare in una domenica prossima al 1° maggio (quest’anno il 5 maggio o altra domenica utile per le singole parrocchie); ma non solo: piccole offerte di singole persone già in questi mesi sono state significative e preziose al di là della loro entità.
Si diceva all’inizio, infatti, della volontà di avviare processi, seguendo una famosa espressione dell’Evangelii gaudium di papa Francesco. Se lo scopo immediato del Fondo è aiutare persone che hanno difficoltà a entrare o rientrare, il più possibile efficacemente, nel mondo del lavoro, un obiettivo più ampio è aiutare le comunità cristiane ed ogni singolo battezzato a vedere il lavoro, in tutte le sue ricchezze e sfaccettature, come una delle tante realtà della vita in cui il Vangelo ha qualcosa da dirci. Per non rischiare di pensare che Gesù parli solo di una dimensione “puramente spirituale” del nostro vivere o, peggio ancora, abbia a che fare solo con il nostro “tempo libero”.
Fondo Rete Lavoro: un segno piccolo ma concreto e dentro la vita delle persone
Il primo anno di attività del Fondo Rete Lavoro, che opera in Diocesi di Como dallo scorso giugno, ha visto la sua attività concentrarsi in modo particolare sulle iniziative di sostegno economico alle persone interessate ad attività di tirocini e borse lavoro. Essi vengono attivati in prevalenza dai Centri di Ascolto della Caritas e dalle parrocchie, in collaborazione con gli enti formativi, i servizi sociali dei comuni e gli altri operatori dei servizi per l’impiego. Anche le aziende interessate, privati e cooperative di lavoro hanno dato il loro apporto alla riuscita di queste esperienze.
Ma la potenzialità del Fondo non si esaurisce in queste modalità di intervento. Le brevi storie che seguono sono esempi di come, avendo come obiettivo l’inserimento al lavoro e la socializzazione delle persone, si possono individuare anche forme di aiuto differenti, che si basano sul bisogno specifico e non su regole predefinite. Da sottolineare comunque che i fattori che rendono proficuo un intervento sono essenzialmente la capacità di ascolto e di analisi delle situazioni e la collaborazione, l’interazione tra i soggetti interessati: la persona in difficoltà, chi gli sta attorno, le strutture pubbliche e private. Infine il Fondo, che non a caso si rifà all’idea di rete e finalizza un impegno comune. Ecco, in estrema sintesi qualche caso di questo primo anno.
A.Z. ha avuto diversi problemi sul lavoro e nella vita ma è riuscito ad approdare, trentenne, alla Cooperativa sociale che ha aperto uno spiraglio nella sua prospettiva di futuro. Grazie ad essa le sue competenze informatiche sono state valorizzate e si sta integrando sia dal punto di vista lavorativo che sociale. Terminato il tirocinio che ha saggiato la sua tenuta sul lavoro e la capacità di integrazione con i colleghi gli viene offerto un lavoro dipendente a tempo parziale, coerente con le sue attese e le sue potenzialità. Ma, nel virtuoso processo di passaggio dalla difficoltà occupazionale all’inserimento, succede una cosa paradossale. In quanto lavoratore assunto perde il beneficio del pagamento del supporto psicologico per lui fondamentale per affrontare l’esperienza: lo deve pagare. Il terapeuta è disponibile a venire incontro, la cooperativa a integrare al di là del compenso pattuito. Ma non basta. La direzione della Cooperativa contatta il Fondo Rete Lavoro e contratta la copertura di una parte consistente del costo dell’assistenza psicologica per A.Z. per la durata di nove mesi, individuando le modalità di integrazione. Il progetto va in porto: A.Z. continua il suo lavoro e in contemporanea la sua terapia, nel frattempo incrementa il numero di ore di lavoro per lui possibili in modo tale da rendersi anche economicamente autosufficiente per coprire i costi delle cure.
A C.U., cinquantenne, sposato con una operaia part time e con un figlio studente, a un certo punto della storia lavorativa le cose cominciano ad andare male. Perde il lavoro di impiegato per la crisi dell’azienda, comincia a entrare ed uscire la situazioni occupazionali precarie in ambiti come la vigilanza e la logistica. Piccoli lavori, poi la speranza di una stabilizzazione, subito dopo la delusione di una difficoltà aziendale o l’insostenibilità di impieghi mal retribuiti, a volte non retribuiti, comunque precari. Autostima ovviamente al minimo, sensazione di essere più di peso che di sostegno alla famiglia. Ha anche l’occasione di farsi un’esperienza professionalizzante in un ambito particolare, di nicchia, ma tale da garantire una possibilità di impiego duraturo. Di quel settore merceologico conosce i prodotti e il mercato, acquisisce contatti per crearsi un proprio parco clienti, è in condizione di proporsi come venditore e infatti ottiene l’offerta di un lavoro da una azienda affermata. Rimane una condizione: per dislocazione dell’azienda e dei clienti è necessario l’utilizzo di un’auto dignitosa e l’ultima che è stata in possesso di C.U. risale a parecchi anni fa, nell’immediato non ci sono risorse per acquistarne una sia pure usata. L’Associazione a cui C.U. fa riferimento e che lo conosce e garantisce per lui è anche disponibile a dargli un contributo, ma chiede al Fondo Rete Lavoro di integrare la somma necessaria. Ora l’auto c’è, il lavoro comincia… C.U. si è impegnato a restituire nel tempo quello che considera un prestito.
B.V. è mamma di due bambini di uno e sei anni e vive con loro in un paese vicino a Como. L’accompagnamento dei servizi sociali del Comune e della Cooperativa che con essi collabora è molto assiduo e riesce a prevedere e coordinare le modalità di sostegno e di cura necessari per il sostentamento della famiglia. Il progetto a un certo punto prevede l’esigenza che B.V. trovi un impiego che possa nel tempo diventare stabile e duraturo. Date le sue esperienze passate e la sua disponibilità si trova un pubblico esercizio del paese disponibile a metterla in prova per alcune ore nell’orario di punta serale come addetta al bar. Iniziale, temporaneo, ma con prospettive di incremento che possano garantire la dignità di un lavoro. Per il bambino maggiore c’è anche la possibilità di sorveglianza da parte di membri della famiglia, per il più piccolo, in quell’orario, solo la possibilità di ricorrere a una babysitter. E la Cooperativa individua anche la persona che potrebbe svolgere questo incarico, concorda modalità e tempi, ma il costo non rientra nel budget del progetto di reinserimento della mamma, e lei non se lo può certo pagare. In questo caso l’intervento del Fondo consiste nella messa a disposizione delle risorse necessarie al pagamento della babysitter per tre mesi, rinnovabili per altri tre, per poter verificare se l’occasione di lavoro può avere continuità e incremento e trovare successivamente una soluzione per la cura dei piccoli.
D.T. è un giovane rifugiato riconosciuto e residente in una famiglia a Como. Nel suo Paese ha avuto modo di studiare e di fare alcune esperienze in ambito sanitario e una volta regolarizzato in Italia decide di mettere a frutto queste conoscenze e la sua propensione per il lavoro di cura. Si rivolge a un Centro di Formazione Professionale dove gli viene prospettata la possibilità di frequentare un corso di Ausiliario Socio Assistenziale che gli può garantire un lavoro in strutture residenziali rivolte agli anziani. Presenta domanda di ammissione al corso e la valutazione dei docenti che effettuano la selezione è molto positiva: è certamente tra i candidati con più possibilità di tenuta nel corso e in prospettiva nella mansione. Rimane un problema economico: pur con la disponibilità delle persone che hanno accolto D.T. e del centro a dilazionare e ridurre la quota di iscrizione al corso, permane la necessità di una integrazione. Su richiesta del CFP il Fondo ha deliberato il pagamento della quota mancante e ora D.T. sta terminando il suo corso dopo aver effettuato due tirocini in case di riposo.